La storia

Infanzia e giovinezza

Carlo Zinelli nasce a San Giovanni Lupatoto, Verona, nel 1916. E’ il sesto figlio di Alessandro Zinelli, falegname, e di Catterina Manzini, giovane madre che muore di parto nel 1918 dando alla luce la settima bambina, che prenderà il suo nome.
A otto anni Carlo lavora nei campi e accudisce piccoli animali presso corte Santa Caterina, proprietà dei marchesi Fumanelli. Dopo un anno viene affidato alla famiglia Miglioranzi, che vive nella vicina fattoria, sulle rive del canale Milani.
Nonostante la lontananza dai fratelli, e il poco tempo che gli è concesso per andare a scuola, Carlo trascorre un’infanzia serena immerso nella natura, un habitat che resterà impresso nella sua immaginazione per tutta la vita.
A diciotto anni il padre lo manda a lavorare in città, presso il macello comunale. Abita con le sorelle in via Valverde, frequenta giovani della sua età, ama la musica e va a ballare.

L’esercito, la guerra, la malattia

Nel 1936 è chiamato ad assolvere gli obblighi di leva e destinato alla Caserma Battisti a San Candido. Terminato l’addestramento, entra nel Corpo degli Alpini, nell’XI Reggimento, Battaglione Trento. Appartenere alla gloriosa famiglia degli Alpini è per Carlo un riconoscimento straordinario: ma, non essendo l’Italia in guerra, torna in abiti civili e cerca un lavoro. È il 1939, Benito Mussolini raccoglie giovani “volontari” (CTV) a supporto del generale Francisco Franco, dittatore appena insediatosi al potere in Spagna, ma in balìa della guerra civile. Carlo si arruola e si imbarca, nel mese di aprile, per raggiungere Cadice. Dopo una permanenza di due settimane circa in terra Spagnola, viene rimpatriato senza una motivazione chiara: al rientro in caserma mostra già segni evidenti di un disagio psichico che lo porterà alla totale dissociazione. Riformato nel 1941, sottoposto più volte a elettroshock e insulinoterapia, viene definitivamente internato nel Manicomio di San Giacomo alla Tomba nel 1947.

L’esperienza dell’arte

Nei dieci anni che seguono, le notizie sulla vita di Carlo si riducono alle laconiche annotazioni dei bollettini medici. Solo nel 1957, quando lo scultore Michael Noble entra in contatto con il prof. Trabucchi, direttore sanitario del manicomio, Carlo ritorna visibile, anzi protagonista, nella sua storia. Nel nuovo atelier d’arte istituito all’interno del San Giacomo da Noble e dalla moglie Ida Borletti, ispirato alla libera espressione artistica, ai pazienti è concesso di manifestare il proprio sé attraverso il segno della tempera su carta, senza forzature, regole, giudizi. Carlo partecipa dedicandosi otto ore al giorno all’arte, recuperando il suo vissuto in un caleidoscopio di immagini che mescolano spazio e tempo.
La sua straordinaria esperienza diviene oggetto di approfonditi studi dello psichiatra Vittorino Andreoli, che presenta l’opera di Carlo all’artista Jean Dubuffet con la proposta di inserire il suo nome nella costituenda Compagnie de l’Art Brut, compagine di artisti di matrice non-culturale, che condividevano un percorso formativo antiaccademico.
Carlo diviene uno degli artisti simbolo dell’Art Brut, e pur restando internato fino alla fine dei suoi giorni, espone in mostre locali, nazionali e internazionali, conquistando una fama che travalica i confini dell’arte di matrice irregolare.
Muore nel 1974 al sanatorio di Chievo, Verona, dove si trovava per curare una polmonite.

Una storia straordinaria

Michael Noble e Ida Borletti si sposano nel 1956 e prendono casa sul lago di Garda, a Garda, in una villa cui danno il nome di Idania (Ida and I) che, nel loro “codice”, significa “tutto quello che c’è di bello e di buono”. Nel paesaggio incantevole, Ida coltiva fiori nel giardino e Mike porta avanti la sua ricerca di scultore in un atelier appositamente allestito per lui. Villa Idania diviene il luogo in cui si incontrano i maggiori intellettuali e artisti dell’epoca, fucina e palestra di un nuovo pensiero. Nel desiderio di condividere la bellezza anche con i meno fortunati, e generare per loro nuove prospettive, i coniugi danno vita a una comunità che ospita giovani del posto ai quali vengono insegnate attività come il giardinaggio, accudire i cavalli, lavorare la ceramica. Entrambi musicisti, Ida e Mike si impegnano nell’insegnamento e creano la banda musicale “villa Idania”, divenuta in seguito la banda del paese di Garda. Nel 1957, per curare il preoccupante alcolismo di Mike, avviene l’incontro con lo psichiatra Cherubino Trabucchi, direttore del manicomio di San Giacomo alla Tomba; Mike non guarirà, ma i coniugi riusciranno a realizzare un innovativo atelier di libera espressione artistica all’interno del nosocomio, al quale presto si unirà Carlo.

L’atelier d’arte di San Giacomo alla Tomba

Nel nuovo percorso d’arte, ogni partecipante può esprimersi liberamente con il pennello e il colore, senza seguire regole accademiche o percorsi prestabiliti. Noble, affiancato dallo psichiatra Mario Marini, è molto attento a preservare l’originalità e spontaneità dei pazienti-artisti tra i quali Carlo, che già in precedenza, nelle lunghe ore di inedia, si accontentava di tracciare figure e segni sui muri e sulla terra del parco. I coniugi Noble-Borletti, impegnati in un percorso di reinserimento dei malati nella società, organizzano anche delle giornate fuori dal manicomio, ospitando il gruppo di artisti nella loro villa sul Garda. Alle gite in barca e ai pranzi in trattoria, seguono sessioni di musica e intrattenimento in villa, con la possibilità di dipingere o lavorare la ceramica, seguiti da un giovanissimo Pino Castagna. Sarà quindi il prof. Vittorino Andreoli a “raccogliere il testimone” sostenendo e promuovendo Carlo artista, il quale, del tutto inconsapevole, diventa un simbolo mondiale dell’Art Brut.

I protagonisti

Michael Noble

Scultore scozzese, ex ufficiale dell’esercito britannico in Italia per il PWB (intelligence), Noble sposa Ida nel 1956 e attiva l’atelier d’arte irregolare al San Giacomo alla Tomba.

Ida Borletti

Erede della grande famiglia di imprenditori, moglie di Noble, l’affascinante Ida promuove molti importanti progetti per il sociale, tra i quali l’atelier d’arte nell’ospedale psichiatrico di Verona.

Cherubino Trabucchi

Psichiatra, è direttore sanitario al manicomio di San Giacomo alla Tomba quando Noble e Borletti progettano l’atelier d’arte che il medico autorizza e sostiene, mettendo a disposizione nuovi spazi.

Mario Marini

Nel 1957 è lo psichiatra che segue i pazienti del San Giacomo, tra i primi ad affrontare l’argomento “Arte Terapia” attivando delle lezioni di disegno dal vero, cui seguirà l’esperimento della libera espressione.

Pino Castagna

Scultore e ceramista di fama internazionale, il giovane Pino affianca i Noble nella conduzione dell’atelier di Villa Idania con gli artisti-pazienti del manicomio di San Giacomo.

Vittorino Andreoli

Psichiatra, prenderà il posto del dottor Marini diventando medico e amico di Carlo, che porterà alla notorietà presentando la sua opera a Jean Dubuffet e alla Compagnie de l’Art Brut.

Alessandro Zinelli

Figlio di Albino Zinelli, fratello maggiore di Carlo, Alessandro si preoccupa di salvare dalla dispersione il corpus delle opere di Carlo, fondando la FCCZ di cui diverrà primo presidente e promuovendo una serie di eventi e mostre per valorizzarne l’opera.  A lui si deve il fondamentale catalogo delle opere di Carlo Zinelli, edito nel 2000.

Albino Zinelli e Simone

Albino, fratello maggiore di Carlo, con il nipotino Simone, oggi presidente di FCCZ continuando la missione del padre Alessandro.

Oliana e Ida

Ida Borletti con Oliana Zinelli, moglie di Alessandro, alla quale è intitolata la Collezione di famiglia.

Zinelli e Thevoz

Alessandro Zinelli, figlio di Albino e fondatore di FCCZ, con Michel Thévoz, primo direttore di Musée Collection de l’Art Brut di Losanna.